La recente manovra economica del Governo in materia di stabilità dei conti pubblici dello Stato ha previsto la soppressione dell’ICE e l’attribuzione delle sue competenze sia al Ministero per lo Sviluppo Economico che al Ministero degli Esteri. Con un successivo Decreto Legislativo dovranno essere stabilite le linee guida della nuova organizzazione degli strumenti pubblici per la politica industriale e il sostegno alla internazionalizzazione delle Imprese. Gli obiettivi enunciati in fase di presentazione del provvedimento sono quelli di costituire un unico strumento, più efficente e moderno, legato all’attività delle nostre Ambasciate, strumento che dovrebbe consentire all’Imprenditore italiano di potersi rivolgere ad una sola struttura per tutte le iniziative legate sia alle attività commerciali che a quelle di investimento all’estero. La parola utilizzata per semplificare questo concetto è stata “Casa Italia”.
L’obiettivo evidente è quello di introdurre per legge un modello di Sistema, in questo caso Italia, che da anni è da tutti auspicato ma che ancora stenta ad affermarsi nei fatti.
Ci sia consentito esprimere una certa meraviglia sulle procedure e sui metodi utilizzati per determinare una decisione, la soppressione di un Ente nato nel 1926, certamente soggetto a critiche e necessitante di una profonda ristrutturazione, ma sicuramente unico nel suo genere e per molti aspetti apprezzato da diversi Paesi Europei che lo hanno man mano copiato. Una procedura che non ha alcun effetto sul piano del risparmio e che mette in discussione decine di iniziative a favore delle Imprese, gia finanziate e che rischiano di non poter essere realizzate. In buona sostanza prima ci si è sbarazzati della struttura e poi, si penserà a come sostituirla.
Nel nostro Paese l’80% dell’export è determinato da circa 8.000 Aziende, che possiedono rappresentanze commerciali e presenze strutturate nei Paesi più importanti. Il resto è suddiviso in più di un milione di Aziende. Volendo pensare ad un modello che sia in grado di rispondere alle richieste individuali di tale massa di Aziende, dovremmo probabilmente pensare ad uffici all’estero con migliaia di dipendenti, ammesso che la cosa sia oggettivamente possibile. D’altra parte non è nemmeno immaginabile una struttura che possa rispondere alla necessità delle Piccole Aziende del nostro Paese di misurarsi sui mercati globalizzati, facendo carico alla struttura pubblica di sopperire alle loro oggettive limitazioni strutturali.
Ci pare di poter affermare che oltre ad essere una strada non percorribile sarebbe certamente sbagliata dal punto di vista della efficacia degli interventi e della assoluta necessita di un coordinamento degli obiettivi commerciali e industriali del nostro Paese.
Purtroppo andare all’estero non è come andare all’Anagrafe o all’ASL nessuno rilascia certificati o ricette. Si tratta di un lavoro molto complicato che richiede capacità di analisi, conoscenza dei mercati e dei Paesi, strumenti finanziari certi e azioni commerciali coordinate con tutti gli attori sia pubblici che privati che nel nostro Paese operano in questo settore. Fare sistema non significa avere un solo ufficio significa invece che tutti gli attori devono operare con un’unica sceneggiatura. In breve ognuno deve saper fare il proprio mestiere e avere la capacità e l’umiltà di confrontarsi con gli altri.
Per trovare una soluzione logica alle domande e alle critiche sopraesposte credo vada fatta una analisi preliminare dell’attuale stato delle nostra presenza sui mercati internazionali. I nostri “Ambasciatori economici” nel passato erano essenzialmente costituiti dalle grandi Aziende Italiane, prevalentemente pubbliche, che molto spesso erano in grado di trainare anche le nostre Ambasciate e le scelte politiche di Governo. Oltre a cio creavano un effetto di indotto che consentiva anche alle PMI di poter partecipare a commesse o appalti. Oggi quelle Aziende sono quasi decimate.
L’ICE da parte sua, con una puntuale presenza a Fiere e simposi, rendeva possibili gli scambi commerciali delle nostre piccole Aziende le quali senza grandi investimenti potevano collocare le loro merci e i loro prodotti. Come e’ noto noi Italiani siamo molto bravi a farci comprare molto meno a vendere quello che produciamo. L’ICE ha continuato ad essere il principale strumento organizzativo della promotion pubblica, ma ha via via assunto una dimensione piu’ operativa che rappresentativa.
Accanto agli Uffici dell’ICE abbiamo inoltre le Camere di Commercio Italiane all’estero, che hanno le forme più disparate di struttura e organizzazione, che hanno certamente grandi meriti ma che molto spesso rappresentano interessi limitati e in alcuni casi in contrapposizione alla nostra struttura produttiva.
Il produttore Italiano di vino in Cile è in concorrenza con i produttori della madre patria e così via dicendo.
Occorre inoltre aggiungere che negli ultimi quindici anni si sono aperti nuovi ed importanti mercati (cosiddetti emergenti quali Cina, India, Est Europeo, Brasile, ecc) dove la nostra presenza è per la gran parte costituita da Comunità imprenditoriali (non emigrati per intenderci, quindi con caratteristiche totalmente diverse dalle Camere di Commercio Italiane all’estero) molto agguerrite, con grandi capacità sia individuali che Aziendali, che costituiscono l’antenna ideale per chiunque nel nostro Paese si occupi di internazionalizzazione. La Legge sulla internazionalizzazione si occupa di queste presenze solo in forma incidentale e assolutamente inadeguata.
Fino a qui ci siamo occupati solamente della parte, chiamiamola, Nazionale o Estera del problema ma occorre certamente parlare di tutte le altre Istituzioni che si occupano di Internazionalizzazione e che non sono state toccate dalla Legge in questione. Parliamo delle Regioni, delle Camere di Commercio, di alcune Province, Associazioni Professionali, Comuni, Consorzi di Comuni ecc, ecc.
Le delegazioni che bussano alle porte delle nostre Ambasciate, degli Uffici ICE, e delle altre strutture pubbliche o private all’estero sono centinaia, quasi mai guidate dalla benche minima strategia generale di approccio ai mercati, svincolate da qualsiasi coordinamento, salvo rari casi.
Le risorse spese per questi esercizi, molto spesso di carattere “turistico esplorativo” sono ingenti e sostanzialmente improduttive, approssimativamente dieci volte maggiori di quelle che aveva l”ICE per la promozione. Alcune Regioni hanno da sempre lavorato in stretta collaborazione con ICE altre molto meno fino ad arrivare alla Regione Lombardia, che le Aziende le finanzia direttamente, (cosa peraltro molto discutibile).
Occorre essere chiari: non si può dare a tutti indiscriminatamente la speranza di andare all’estero e vendere e se la cosa non avviene è colpa dell’ICE o dell’Ambasciata.
Il successo dell’internazionalizzazione delle nostre Imprese comincia a casa nostra con l’avvio di una seria politica industriale, con la costituzione di reti di Imprese, con la creazione di Società di Trading (che abbiano spalle robuste), con la creazione di Piattaforme Logistiche distributive da collocare nei Paesi di maggiore prospettiva. Con l’individuazione di progetti di settore che vedano come capi fila alcune grandi Aziende Italiane (vedasi il settore energetico) e il coivolgimento delle PMI che nelle varie nicchie di detti settori si trovano ad essere leader, ma assolutamente scoordinate tra di loro.
Questo credo sia il compito delle Associazioni Professionali di Categoria, le quali devono davvero assumersi delle responsabilità di indirizzo e stimolo per le Aziende da loro rappresentate.
Dall’altro lato lo Stato attraverso il Ministero dello Sviluppo Economico deve farsi carico di individuare le linee guida di una rinnovata politica industriale, di coordinare tutti gli Strumenti Pubblici quali la SACE, la SIMEST, la SIMEST ecc. Queste ultime istituzioni necessitano pure esse di una revisione delle linee e degli strumenti di intervento assai poco consoni alle nuove realta dei mercati mondiali globalizzati. Per fare questo il Ministero ha bisogno di avere le proprie antenne sul territorio. Antenne che possono essere costituite a livello interregionale : Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole ecc. Antenne direttamente partecipate dalle Regioni, dalle Associazioni di categoria, dalle Camere di Commercio, che abbiano il compito di implementare le politiche industriali e di Internazionalizzazione per i rispettivi territori.
Una tale organizzazione prefigura la creazione di una Agenzia Nazionale per lo Sviluppo e la Internazionalizzazione, molto agile dal punto di vista burocratico e giuridico (che non abbia in sostanza la contabilità pubblica) diretta dal Ministero con la partecipazione delle Regioni e delle varie Associazioni e soggetti interessati. Detta Agenzia peraltro potrebbe occuparsi finalmente in modo certamente più efficace e coordinato delle problematiche del Turismo e dell’Agroalimentare.
Detta Agenzia dovrebbe disporre oltre che dei citati sportelli interregionali di una rete di strutture Estere. Attualmente le strutture dell ICE sono 115. Riteniamo che arrivare a 30/35 uffici sia più che sufficente a coprire il 95/96% del nostro interscambio.
Gli uffici esteri dell’ Agenzia dovranno occuparsi in via prioritaria della implementazione dei vari progetti di settore sia sul piano promozionale che su quello operativo, solo una parte limitata del personale e delle risorse potranno essere dedicate alla evasione di richieste spot individuali di nostre Aziende.
A livello nazionale sarà una Cabina di Regia che comprende i vari Ministeri (Sviluppo Economico in qualità di titolare della materia, Esteri, Finanze, Politiche Agricole, Turismo) che dovrà tracciare le linee guida delle politiche per lo sviluppo e l’internazionalizzazione.
Quanto a “Casa Italia” ben vengano esempi di questo tipo, soprattutto se orientati a costituire strutture di promozione permanente per le nostre Aziende e i prodotti dell’Italian Life Style.
Quanto al Ministero degli Esteri e ai nostri bravissimi Ambasciatori riteniamo vadano certamente indirizzati al sostegno delle attività dell’Agenzia e dei suoi sportelli, ma che l’accento maggiore nella loro azione vada dato soprattutto alla politica estera la quale sarà maggiormente incisiva in presenza di strutture pubbliche di alto profilo professionale e di alta capacità operativa.
Vorremmo infine sottolineare che la stessa gestione degli sportelli esteri dell’Agenzia, dovrà necessariamente adeguarsi alle situazioni Paese dove questi lavorano, pensando quindi a strutture molto duttili e fortemente legate alla presenza organizzata delle nostre Aziende nei vari Paesi.
Mosca li 18 Luglio 2011.